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Matteo Soltanto,
scenografia per:
A CORPO MORTO
di e con
Vittorio Franceschi
Regia
- Marco Sciaccaluga
Scenografia
- Matteo Soltanto
Maschere
e costumi - Werner
Strub
Musiche
- Andrea Nicolini
Luci
- Sandro Sussi
Assistente
mascheraio
- Jean-Claude Fernandez
Costruzione
scena - Laboratorio Leonardo
Produzione
- Teatro Stabile di Genova
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Matteo Soltanto,
set design for:
DEAD WEIGHT
by and
with Vittorio Franceschi
Direction
- Marco Sciaccaluga
Set
design - Matteo Soltanto
Masks and
costumes - Werner
Strub
Music
- Andrea Nicolini
Light
design - Sandro Sussi
Masks
assistant - Jean-Claude Fernandez
Set
construction - Laboratorio Leonardo
Production
- Teatro Stabile di Genova
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PRIMA NAZIONALE: Genova, Teatro Duse - 15 aprile / 3
maggio 2009
Tournée:
OTTOBRE
2010: Milano, Tieffe Teatro, dal 26
Ottobre al 7 Novembre 2010
NOVEMBRE
2010: Roma, Teatro India, dall'8 al
14 Novembre 2010 - Torino, Teatro
Astra, dal 17 al 21 Novembre 2010 - Correggio
(RE), Teatro Asioli, 23 Novembre
2010 - Modena, Teatro delle
Passioni, dal 24 al 27 Novembre 2010 - Cesena,
Teatro Bonci, 28 Novembre 2010
DICEMBRE
2010: Rimini, Teatro Novelli, 1
Dicembre 2010 - Bologna, Arena del
Sole, dal 2 al 5 Dicembre 2010 - Mirano
(VE), Nuovo Teatro, 6 Dicembre 2010
- Gallarate (VA), Teatro delle
Arti, dal 9 al 10 Dicembre 2010 - Cairo
Montenotte (SV), Teatro Comunale,
11 Dicembre 2010 - Asti (AT), Teatro
Alfieri, 14 Dicembre 2010
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LA BELLA RIVOLTA DI BARABBA E I CLOCHARD
Emozionante come capita di
rado "A corpo morto" di Vittorio
Franceschi con la regia di Marco
Sciaccaluga.
di
Franco Quadri (da "La Repubblica" del
20 aprile 2009)
Sempre più
di rado accade ormai a chi va a teatro di
sentirsi pienamente coinvolto fino a
provare un'emozione che vada al di là
degli effetti esteriori. Questo miracolo
chi scrive l'ha sentito profondamente al
Teatro Duse dello Stabile di Genova
vedendo A corpo morto, un lavoro
scritto e vissuto da Vittorio Franceschi
con la regia ispirata di Marco
Sciaccaluga, e come lui si direbbe che
l'accogliessero le persone presenti in
sala, quasi non si trattasse di un
pubblico nel senso odierno della parola,
ma di un'autentica polis d'antica memoria,
consapevole di essere al centro del
discorso. Del resto davanti a loro Matteo
Soltanto, figlio dell'autore, aveva
montato una "non scena", con scaffali
colmi di maschere sul fondo e al centro
una collinetta coperta da un lenzuolo
bianco, sciatta immagine mentale di un
obitorio dove un Franceschi ancora al
naturale funge, alternandosi con altri se
stessi, da coro introduttivo e da
intervalli tra i monologhi dei personaggi.
Che lui stesso interpreta di volta in
volta indossando una delle mirabili
maschere di Werner Strub per trasformarsi
via via, corpo e anima, nei cinque
personaggi diversissimi per età, sesso,
ceto, che, quando viene il loro turno,
sollevano il lenzuolo steso sul cadavere,
invisibile al pubblico, del loro congiunto
o amico scomparso indirizzandogli
monologhi di rimpianto, rabbia, amore,
sempre al di sopra dei casi personali,
pieni d'atmosfera, mutando immagini,
linguaggio, tipo di rapporto, tra il cielo
e la merda, sullo sfondo delle musiche di
Andrea Nicolini. Ecco allora il
diciottenne che piange non senza gelosia
l'amica morta, la vedova anziana di un
sarto col suo carico di memorie d'epoca,
lo scrittore un po' démodé, disperato
davanti al corpo del figlio che si è
impiccato, la figlia esasperata del "porco
del duemila" che la mise incinta ragazzina
e ora le ha ucciso pure la madre. E infine
l'ex ricco che si è fatto barbone per
vocazione e qui commemora l'amico Barabba,
un campione della categoria e come tale
già condannato a essere incenerito, con un
pezzo bellissimo al di fuori di ogni
usuale prospettiva in cui Franceschi
supera perfino se stesso, auspicando una
sorta di Sessantotto degli irregolari alla
ricerca di ogni capovolgimento che corona
questa superba analisi del vivere alla
luce della morte e del mistero della fine.
Chiusa con la constatazione che "Molto
dolore è meglio di poco amore".
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foto Matteo Soltanto
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A
corpo morto: una riflessione sul
tema della morte e un inno alla vita. |
La struttura
drammaturgica di "A corpo morto" è
semplice: un prologo, cinque monologhi
intervallati da quattro intermezzi corali
e un epilogo, il tutto per cinque
personaggi che la regia di Marco
Sciaccaluga ha scelto di affidare ad un
solo attore, il quale passa da uno
all'altro con l'ausilio delle maschere di
Werner Strub, in una stretta alternanza
tra quotidianità e universalizzazione, tra
vita e teatro. Nascono così cinque
riflessioni sull'esistenza umana fatte da
un ragazzo, una moglie, un padre, una
figlia e un barbone. Scaturite da vari
punti di osservazione e frutto di
esperienze dissimili, queste piccole
"tranches de vie" finiscono per
congiungersi in un unico sentiero - e
fondersi in un'unica riflessione - andando
poi a confrontarsi con quell'eterno muro
invalicabile chiamato mistero. |
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foto Angelo Palladino
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foto Angelo Palladino
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Premio
della
critica 2009 a Vittorio Franceschi
Franceschi,
"drammaturgia
nella voce e nel corpo"
di Massimo
Marino (da "Il Corriere della Sera"
del 9 giugno 2009)
Dopo il Nettuno d'oro
Vittorio Franceschi aggiunge una nuova
medaglia al suo già ricchissimo palmarès.
L'Associazione Nazionale Critici di Teatro
lo ha premiato (venerdì 12 giugno 2009)
insieme a Peter Stein, Massimo Popolizio,
Glauco Mauri, Laura Marinoni, Robert Lepage
"per la particolare scrittura
drammaturgica che sembra fare tutt'uno
con la sua voce e il suo corpo d'attore".
(...) A corpo morto è un
dramma corale: allinea cinque personaggi,
uomini e donne dei nostri giorni veloci e
distratti, un ragazzo col casco da
motociclista, una moglie matura, un padre
elegante, una figlia sui trent'anni, un
barbone. I loro monologhi, in prosa, sono
collegati da un coro in versi. La pièce è
pensata per vari attori, ma il regista ha
proposto a Franceschi di interpretarla tutta
da solo. Così è nato uno
spettacolo-sinfonia: l'attore dava
magicamente voci e corpi diversi a ogni
storia, materializzando esseri attoniti
sotto le belle, inquietanti maschere di
Werner Strub. Dagli scaffali dove erano
allineate come volti morti, indossate dal
grande interprete le vuote facce di lattice
diventavano uomini e donne chiusi nel dolore
e nell'egoismo di fronte alla morte di una
persona cara o di un compagno di sventura.
La scena di Matteo Soltanto, geometrica e
metafisica, con una finestra aperta sullo
sfondo, un albero secco e un mucchio di
detriti sotto un telone, veniva percorsa da
Franceschi come un mondo, un magazzino della
memoria, il cimitero di una desolata Spoon
River di tempi senza comunicazione. "Molto
dolore è meglio / di poco amore" ripeteva il
coro di questo laico inno sacro a vite senza
qualità. Che sfuggono e lasciano il
rimpianto di più di un'occasione persa, di
affetti e vite irrimediabilmente,
colpevolmente svaniti. |
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foto Matteo Soltanto
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foto Matteo Soltanto
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foto Matteo Soltanto
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foto Angelo Palladino
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foto Angelo Palladino
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foto Angelo Palladino
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foto Davide Riccardi
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foto Angelo Palladino
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su A corpo morto
di Etta
Cascini (Sipario.it del 27 aprile
2009)
Un tema inquietante come la morte
diventa nello spettacolo di Vittorio
Franceschi un tema quotidiano, ed è lo
spunto per cinque racconti di vita vissuta
con un corollario di considerazioni e lampi
di verità sull’uomo e la sua natura.
Rappresentata con giusto risalto ed
equilibrio da Marco Sciaccaluga, la storia
ha un sorprendente interprete unico al posto
di cinque personaggi e un coro. Vittorio
Franceschi li riunisce in sé e li trasmette
attraverso le maschere di Werner Strub,
maschere speciali, un piccolo capolavoro di
confezione artigianale e di espressività
scenica, che, animate abilmente dall’attore,
prendono il carattere dei vari personaggi.
Il volto di Franceschi si esprime attraverso
gli occhi e la voce filtrata dalla maschera
ha il tono adeguato al ragazzo col motorino,
poi a quello della vedova, a quello del
padre di un figlio suicida, della ragazza
con la madre assassinata e infine del
barbone, che è forse il carattere più vivo e
sentito, dal risvolto ironico e un po’
buffo. L’interpretazione eccellente di
Franceschi, attore - autore, non fa sentire
la fatica reale di vivere da solo cinque
protagonisti, ma ci offre uno spettacolo
affascinante, punteggiato di humour e di
riflessioni filosofiche. Ben intonata la
scena di Matteo Soltanto, le musiche di
Andrea Nicolini e le luci di Sandro Sussi. |
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foto Matteo Soltanto
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foto Matteo Soltanto
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foto Matteo Soltanto
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foto Matteo Soltanto
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foto Matteo Soltanto
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foto Matteo Soltanto
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foto Matteo Soltanto
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Matteo
Soltanto,
Werner Strub
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