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PAGINA
DEDICATA ALL'AMICO E MAESTRO WOLFANGO
IN
MEMORY OF WOLFANGO
Matteo Soltanto,
20 gennaio 2017
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Non si era ancora vista una
donna allattare il figlio ad una mostra
d’arte contemporanea. E soprattutto non si
era ancora vista una donna tornare ad una
mostra d’arte contemporanea appositamente
per allattare il figlio davanti a un
quadro. Successe nel 1986 a Bologna. La
mostra e il quadro erano di Wolfango. Del
resto, c’era troppa vita in quella natura
morta, tra le cartoline del cassetto,
nella polpa superstite del nocciolo di
pesca, nei moscerini dell’uva. Lei si
fermò lì e cominciò ad allattare,
inaugurando con quel gesto così naturale
il disvelamento dell’unico pittore del
‘900 capace di dialogare, pennello alla
mano, coi più grandi del Rinascimento. E
rinascimentale anche nei formati, visto
che per fare uscire i suoi teleri dallo
studio dovettero praticare una tagliola
nel muro. |
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L'uscita
de
"Il cassetto" dallo studio di
Via dei Sabbioni, Bologna
(1986) - ph. Nino Migliori |
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Aveva
quarantadue anni quando dipinse il primo
della serie, sessanta quando lo convinsero
che fosse arrivato il momento di svelarli.
Il curatore Eugenio Riccomini, artefice
dell'evento assieme a Mauro Felicori e
Romano Reggiani, notò come per la prima
volta durante una vernice d’arte
contemporanea, anziché pasteggiare a
spumante e noccioline spalle alle opere,
il pubblico se ne stesse attonito a
scrutarle come in una conversazione
silenziosa, profonda, religiosa. Una
rivelazione collettiva. Quella prima
mostra di uno sconosciuto pittore
sessantenne in una chiesa sconsacrata di
Bologna doveva durare un mese o due, non
ricordo, ma la città aveva a tal punto
amato quei quadri che dovettero prorogarla
a causa della continua, inesauribile
affluenza di pubblico. |
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"L'ànma
dla
pésga" / L'anima della pesca
(dettaglio) | Le
quattro stagioni: "L'estate"
(dettaglio) |
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A
quattordici anni avevo già incrociato
diversi bizzarri amici di famiglia,
soprattutto tra circo e teatro, ma lui
faceva categoria a sé. Un uomo minuto che
dipingeva quadri enormi e prodigiosi,
l’espressione perennemente accigliata e
per contro un animo generoso e capace
d’immenso affetto, come avrei presto
scoperto. Il Comune gli aveva lasciato le
chiavi della chiesa, era lui stesso ad
aprire e chiudere la mostra ogni giorno.
La pioggia cadeva dal tetto fatiscente
lambendo i quadri, minacciati anche dai
piccioni rimasti bloccati nell’abside. Ci
andavo quasi sempre di pomeriggio, dopo le
lezioni al Liceo Artistico. Una mattina,
stavo per uscire di casa, suonarono al
campanello e mio padre aprì senza chiedere
chi fosse, dando per scontato si trattasse
del postino. Era Wolfango con sotto al
braccio due grandi disegni a carboncino.
Li srotolò sul tavolo e mi chiese quale mi
piacesse di più. Dissi l’arachide.
Mi scrisse la dedica e lo lasciò lì, io
rimasi imbambolato e lui se ne andò. Aveva
già capito che strada avrei preso e fu il
suo incoraggiamento. Quella mattina,
insieme all’ammirazione che già nutrivo
per lui, nacque un’amicizia che è durata
trent’anni, grazie alla quale quella
maschera di burbero si è velocemente
liquefatta lasciando il posto a
meravigliose sgridate, risate, umanità
familiare. |
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Le
quattro
stagioni: "L'inverno"
(dettaglio) |
Wolfango in studio
| "La rosa e la
cavalletta" (dettaglio) |
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Da quel
giorno non ho smesso di dipingere, tranne
in questi ultimi anni, colpevolmente,
dedicandomi forse troppo alla scenografia.
Proprio io che ti sgridavo quando
dipingevi poco. - “Wolf, se ti dici
dipintore devi dipingere, basta con ste
illustrazioni!”, e tu che ridendo
sotto ai baffi esclamavi - “Ossstia,
hai ragione, Giove!”. Ma del resto
era comprensibile, ogni tuo quadro
presupponeva un grande dispendio d’energia
e concentrazione. E quando lo finivi, tra
gli amici si spargeva la voce. Spesso era
il caro Romano Reggiani ad annunciarmelo:
"Hai visto il nuovo quadro di Wolf?
Vallo a vedere!" E da lì iniziava la
processione rituale a casa tua. Tutte le
volte un evento. Tutte le volte una
sorpresa. Tutte le volte con tua moglie
Chiara da un lato, una donna tanto
fondamentale da venire immancabilmente
inserita - quasi intarsiata - nella firma
di ogni tua opera. Dall’altro lato della
stanza tu che sprofondi in poltrona, io
che resto davanti al quadro dieci minuti
in silenzio, lo studio, poi ci guardiamo e
mi chiedi: “Allora.. cosa dici.. ti
piace?”. Quanto mi manca quel rito. |
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"Il cassetto"
(dettaglio) | La
firma di Wolfango |
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Il tuo
microcosmo dipinto si spalancava davanti a
noi, diventando il macrocosmo che tutti
ospita e in cui tutti ci affanniamo.
Parlavi quindi non solo a tutti,
ma di tutti, dunque per non
riconoscersi in quel magma e non amarlo
come proprio, occorreva essere in mala
fede. In molti lo sono stati,
osteggiandoti arrampicati sugli specchi
delle loro misere difese di respiro
condominiale, chi senza sapere nemmeno da
che parte si tenesse in mano una matita,
chi da dietro qualche scrivania a
confondersi tra la tua mìmesi materica e
l'iperrealismo americano, un po' come
scambiare il Perugino coi Baci
Perugina, cialtronaggini e fumo
negli occhi su cui hai avuto il merito di
volare alto, tu che oltre alle tecniche
pittoriche, avresti potuto insegnare
indifferentemente Storia dell’Arte o
latino a un master universitario, senza
ripasso. Alla scuola fondata insieme a tuo
figlio Davide, i tuoi allievi possono dire
di aver vissuto un’avventura da eletti, e
a tua figlia Alighiera va il merito di
aver mirabilmente curato diverse tra le
tue mostre e pubblicazioni più
importanti. |
Caro Wolf,
la tua opera straordinaria parla per te.
Sei stato un enorme regalo per quanti di
noi abbiano avuto il privilegio di
conoscerti per davvero, godere della tua
preziosa amicizia e nel caso mio anche del
tuo fondamentale incoraggiamento e
pungolo. |
Grazie,
amico e Maestro carissimo.
Matteo
Soltanto |
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Le quattro
stagioni: "L'autunno" (dettaglio)
| Wolfango |
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"La mano"
(dettaglio) | Particolare
ingrandito della materia pittorica |
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Wolfango
davanti al quadro "Le arance"
(dettaglio) - ph. Andrea
Samaritani | "Il piatto
dell'uva" (dettaglio) |
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Wolfango
davanti al quadro "Lo scatolone dei
giocattoli" (dettaglio) |
"L'aglio" (dettaglio) |
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"La
cassetta dei rifiuti" (dettaglio)
| Wolfango |
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Wolfango
alla Casa dei Risvegli Luca De
Nigris | La Targa Volponi a
Wolfango, qui assieme ad Eugenio
Riccomini (ph.
Schicchi) |
Davide Peretti, figlio di Wolfango |
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Alighiera
Peretti Poggi e il padre Wolfango
| Vittorio Franceschi e
Wolfango | Matteo Soltanto e
Wolfango |
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Wolfango
ha sempre rifiutato il mezzo fotografico
sia come forma di rappresentazione della
realtà, sia - ancor più - come artificio
per bloccare il modello da dipingere,
dunque i suoi quadri vanno visti dal
vero e, come invitava a fare lui,
possibilmente toccati. Le opere
contenute in questa pagina sono quindi
volutamente pubblicate solo in forma di
dettagli. Parte del suo lavoro è
visibile presso luoghi pubblici. In
questa foto, "Il cassetto" di Wolfango,
esposto in permanenza alla sala stampa
comunale di Palazzo D'Accursio, Bologna.
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Per
informazioni: www.wolfango.net |
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