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Matteo
Soltanto,
scenografia
per:
SCACCO
PAZZO
di Vittorio
Franceschi
con
Paolo
Triestino,
Nicola Pistoia,
Elisabetta
De
Vito
Regia
- Vittorio Franceschi
Scene
- Matteo Soltanto
Costumi
- Lucrezia Farinella
Disegno
luci - Luigi Ascione
Musiche
-
Germano Mazzocchetti
Aiuto
regia
- Ariele Vincenti
Assistente
alla
regia - Valeria
D’Orazio
Trattamento
pittorico
- Matteo Soltanto
Capo
elettricista
- Gabriele Boccacci
Foto
di
scena - Gabriele Gelsi
Costruzione
scena
- La Tecnica srl
Grafica
-
Marco Animobono
Produzione
-
Neraonda
Distribuzione
-
Razmataz
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Matteo
Soltanto,
set
design
for:
MATE IN
THREE
by Vittorio
Franceschi
with
Paolo
Triestino,
Nicola Pistoia,
Elisabetta
De
Vito
Direction
-
Vittorio Franceschi
Set
design
- Matteo Soltanto
Costumes
- Lucrezia Farinella
Light
design
- Luigi Ascione
Music
-
Germano Mazzocchetti
Assistant
director
- Ariele Vincenti
Assistant
director
- Valeria D’Orazio
Pictorial
realization
- Matteo Soltanto
Electrician
in
chief - Gabriele
Boccacci
Photographer
- Gabriele Gelsi
Set
construction
- La Tecnica srl
Graphics
-
Marco Animobono
Production
- Grazia Lorusso
Distribution
-
Razmataz
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STAGIONE
2014/15 |
SEASON
2014/15 |
Ottobre
2014
dal
7
al 19: Ostia (Roma), Teatro
Manfredi
Dicembre 2014
2/3/4:
Modena,
Teatro Michelangelo
5/6/7:
Parma,
Nuovo Teatro Pezzani
Marzo 2015
5/6/7/8:
Torino,
Teatro Erba
19
Assisi,
Piccolo Teatro degli Instabili
Maggio 2015
9/10:
Carbognano
(Vt), Teatro Bianconi
dal
12
al 24: Roma, Sala Umberto
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October
2014
7
to 19: Ostia (Roma), Teatro
Manfredi
December 2014
2/3/4:
Modena,
Teatro Michelangelo
December
5/6/7:
Parma, Nuovo Teatro Pezzani
March 2015
5/6/7/8:
Torino,
Teatro Erba
19
Assisi,
Piccolo Teatro degli Instabili
May 2015
9/10:
Carbognano
(Vt), Teatro Bianconi
May
12
to 24: Roma, Sala Umberto
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SCACCO PAZZO
Millenovecentonovantuno.
Un
grande regista di cinema,
Nanni Loy, si avvicina per
la prima volta al teatro. Lo
accompagneranno tre
splendidi attori: Alessandro
Haber, Monica Scattini,
Vittorio Franceschi. Così
nasce Scacco pazzo: sarà un
successo clamoroso,
confermato dai numerosi
premi vinti, e ribadito
dagli oltre dieci
allestimenti all'estero,
dalla Russia alla Scozia,
dalla Spagna alla Finlandia.
Più di vent'anni dopo, ecco
gli inseparabili Nicola
Pistoia e Paolo Triestino
(accompagnati da Elisabetta
De Vito) a regalarci una
nuova versione del magnifico
testo di Franceschi.
Due fratelli,
costretti da un incidente ad
una grigia convivenza
coatta, ci apriranno le
porte della loro anima, dei
loro sogni, dei loro dolori.
Una donna è lì, arrivata
quasi per caso. Grazie a
lei, per un momento, sembra
che tutto possa colorarsi di
vita, ma...
Scacco pazzo
emoziona, diverte, commuove.
Benvenuti a Teatro.
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Pistoia
e
Triestino, fratelli inediti in
Scacco Pazzo (recensione di
Alessandra Bernocco - www.europaquotidiano.it)
Il
testo pluripremiato di Vittorio
Franceschi, anche regista. In
scena anche Elisabetta De
Vito
Loro
si
chiamano Antonio e Valerio. Sono
due fratelli che non si
sopportano però si vogliono
bene. Non riescono a stare
vicini, non riescono a stare
lontani, uno è matto ma forse è
matto anche l’altro.
Sono
i
protagonisti di Scacco pazzo,
la commedia scritta da Vittorio
Franceschi e messa in scena nel
1991 da Nanni Loy al suo debutto
alla regia teatrale. I
protagonisti erano lo stesso
Franceschi e Alessandro Haber,
uniti in un match che sarebbe
stato il primo di una lunga
serie in tutto il mondo, visto
che il testo, pluripremiato, è
stato tradotto e allestito in
dieci paesi, dalla Russia alla
Scozia, dalla Spagna alla
Finlandia.
Ora,
dopo
ventitre anni dal debutto, Scacco
pazzo è nelle mani di una
ditta doc, la Pistoia-Triestino,
ovvero il duo composto da Nicola
Pistoia e Paolo Triestino, in
verità più inclini a
commissionare a un Dramaturg di
comprovata fiducia, testi su
misura. Ma in questo caso siamo
di fronte a due figure così
identificate e paradossali che
sembrano scritte apposta per
loro.
Antonio
è
un adulto regredito a causa di
un trauma, la morte della donna
che stava per sposare in un
incidente di automobile in cui
alla guida c’era proprio
Valerio. Il quale, di
conseguenza, ha immolato la
propria esistenza per espiare
una colpa immeritata. Il
risultato è una convivenza
coatta tra due anime in pena che
passano i giorni tra
rivendicazioni e palliativi che
assumono la forma del
travestimento.
Quel
sublime
gioco teatrale che magicamente
ricrea nella acclarata
convenzione della scena una
convenzione ulteriore. Valerio
sarà di volta in volta mamma,
papà o sposa, provvidenziale
specchio dei capricci di
Antonio, delle sue ossessioni,
dei suoi ricordi che irrompono
come elementi di consolazione o
disturbo.
Chi
conosce
i due attori, anche attraverso i
personaggi interpretati negli
altri spettacoli, ha
probabilmente in mente una sua
ipotetica distribuzione dei
ruoli: Paolo, così solido e
affidabile, sarebbe senz’altro
un buon Valerio, dedito e
responsabile nei confronti del
fratello minore. Nicola invece,
così inafferrabile esilarante
surreale sarebbe un Antonio
perfetto, folle e capriccioso
come copione comanda.
Invece
l’autore,
a cui i due hanno anche affidato
l’onere della regia, ha deciso
altrimenti. E ha avuto ragione.
Il
rapporto in questo caso diventa
tra un bambino giocherellone
alto un metro e novanta che ogni
volta che ti sfiora rischia di
spezzarti le ossa e un più esile
adulto che trova autorevolezza
solo quando indossa la coppola
del padre.
L’uno
sadico
come i ragazzini infelici,
l’altro infelice come gli adulti
in cattività. Tra loro gli ormai
logori giochi di ruolo,
anch’essi divenuti il
contrappunto stantio di una
quotidianità sempre uguale.
Finché non sopraggiunge una
donna, una forestiera, a
illuderli per un momento che
almeno qualcosa possa cambiare.
Marianna è il nuovo, il diverso,
l’ordine e i colori in una casa
che è grigio e desolato campo di
battaglia.
Per
Valerio,
di cui ufficialmente si annuncia
fidanzata, è l’attesa ricompensa
ai sacrifici passati; per
Antonio, il “pericoloso”
risveglio di emozioni sopite.
Nel ruolo Elisabetta De Vito,
che accompagna questo
personaggio rivelandoci come
anch’esso, in realtà, sia
innanzitutto alla scoperta di
sé. Per questo anche con lei
assistiamo a un palese
disvelamento, sorta di uscita
dal bozzolo, che si realizza
attraverso il cambio di abito,
di colore di capelli, e
l’acquisizione di una postura e
di una gestualità che da timida
e impacciata si fa seduttiva e
risoluta.
Complici
i
costumi di Lucrezia Farinella,
che gestiscono bene le
variazioni umorali e i multipli
travestimenti.
Le
scene simboliche di Matteo
Soltanto invece sono la cifra
che più di tutte si emancipa
dalla precedente messa in scena,
realistica e fedele alle note
d’autore che saturavano lo
spazio di mobili, abiti, oggetti
diversi. Qui il processo è in
sottrazione e non mira a
descrivere ma a suggerire l’idea
della follia, del doppio corto
circuito del cervello
imprigionato in uno spazio
inclinato, tondeggiante,
delimitato da grandi porte come
in un «biliardino in cui la
palla è la follia che regna
sovrana».
Mentre
le
luci di Luigi Ascione, fredde e
inquietanti, trattano lo spazio
come un non luogo in cui interno
e esterno, diurni e notturni
dialogano in modo non
convenzionale.
Le
musiche di Germano Mazzocchetti
prevedono ben quattordici
interventi di raccordo delle
diverse scene e si concentrano
sul tema dell’infanzia,
declinato sia come vissuto di
una persona disturbata sia come
periodo felice dell’esistenza.
Terminate
le
prime due settimane di rodaggio
al teatro Nino Manfredi di
Ostia, la tournée vera e propria
partirà a dicembre da Modena e
Parma e toccherà Torino e Roma
dov’è in cartellone della Sala
Umberto a maggio 2015.
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La
difficile
verità degli eccessi - recensione di
Paolo Petroni - Corriere della
Sera - Roma, 23 maggio 2015
Si
dice che non esiste una
drammaturgia italiana d’oggi, ma è
l’alibi di chi dimentica: a
confermarcelo abbiamo appena
rivisto “Shakespea Re di Napoli”
di Cappuccio, e ora torna, a 25
anni dal debutto, “Scacco pazzo”
di Vittorio Franceschi, altro
finissimo testo da non perdere,
che allora, come altre novità
italiane, divenne anche film. Oggi
lo stesso autore ne firma la regia
con tre interpreti straordinari,
Nicola Pistoia, Paolo Triestino,
Elisabetta De Vito. Valerio,
cartolaio che ha la colpa di
essere giunto “incolume” alla
mezza età, si sente colpevole di
un incidente in cui il fratello
Antonio è regredito all’età di un
bambino e rimase uccisa la di lui
fidanzata, così lo assiste in un
rituale, un esasperato gioco delle
parti, vestendo ora i panni della
madre, ora del padre, per calmarne
gli eccessi nervosi quando gioca
coi soldatini, parla con un
pupazzo alter ego, e lo provoca
(“È colpa tua se non hai
frenato”). Un giorno Valerio
incontra Marianna, due anime sole
che cercano compagnia, e la porta
a casa dove, pian piano, verrà
conquistata dalla poesia e la
capacità di sognare e ridere di
Antonio, creando una situazione
che costringe tutti a uscire allo
scoperto. Nessuno dei tre in
realtà finge per aiutare l’altro,
ma ognuno per se stesso, per
difendersi dalla triste violenza
della vita. Il tutto costruito con
una grande maestria, sensibilità e
una serie di immagini che non si
dimenticano (“Un bambino è una
capanna vuota”) di un Franceschi
drammaturgo assolutamente da
recuperare. Pistoia e Triestino
riescono a dare una difficile
verità agli eccessi di Antonio e
Valerio, senza strafare, ma con
quell’umanità che è anche nel
testo, e con loro entra alla pari
la De Vito.
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Scacco
pazzo - recensione di
Maricla Boggio - 20 maggio 2015 -
www.criticateatrale.it
“Scacco
Pazzo”
è un testo particolare, anomalo
rispetto a quasi tutti i testi
che, con loro originalità di temi
e di linguaggi, si siano visti
negli ultimi decenni. Deve essere
considerato, con le debite
proporzioni rispetto al genio di
Pirandello dei “Sei personaggi”,
qualcosa che ci va vicino. Ed è
per questa ragione che
personalmente io l’ho segnalato
nella mia terna del testo italiano
da premiare alle Maschere del
Teatro. Novità? Ma se è stato
scritto, rappresentato e perfino
tradotto in film, regia di Nanni
Loy, una ventina di anni fa!, dirà
qualcuno. Non importa.
“Scacco
Pazzo”
rappresenta una realtà sociale e
poetica strettamente
intrecciate. I due fratelli
superstiti di una strage da
autostrada dove morì il loro
padre e la fidanzata di quello
rimasto danneggiato mentalmente
al punto da regredire come un
bambino di quattro cinque anni,
vivono insieme da allora – la
madre è morta pochi anni dopo la
tragedia – in una simbiosi
affettiva e dolorosa insieme,
che esige continuamente la
volontà di esistere inventandosi
ciò che è necessario alla vita,
la presenza degli affetti
moltiplicati, nell’assenza dei
protagonisti familiari defunti,
dalla volontà di evocarli e i
renderli vivi attraverso la
propria dedizione.
Chi
si
accolla il peso di tale
andamento è il fratello rimasto
indenne che si fa madre, padre,
fidanzata per l’altro che via
via, con imperatività infantile
da lui esige tali presenze. Ma
anche lui, ridiventato bambino,
rivela momenti di lucidità e
coscienza del presente. Lo fa
talvolta con triste
consapevolezza, tal’altra con
ironica forza impulsiva. Ed è un
mondo, quello inventato da
Franceschi, di allucinanti
figure oniriche, dove la
disperazione si intreccia alla
gioia, al divertimento, alla
connivenza, e poi di nuovo al
gioco infantile, al realismo
casalingo di un quotidiano
riecheggiato quando c’era la
mamma che rimproverava o
blandiva, e il papà che portava
la sua autorevolezza a
riequilibrare le cose. Risuonano
nelle invenzioni di Franceschi
momenti che hanno il sapore di
“Piccola città” e forse anche di
“Spoon river”, e perfino del
“Leonce und Lena” woyzeckiano:
sentimenti struggenti,
rimpianti, puro gioco infantile.
La
situazione si complica quando
subentra una quasi fidanzata del
fratello sano. Dapprima stupita
dei comportamenti dei due, poi
incuriosita, impietosita, infine
affascinata da quello che -
infantilmente - ha conservato
capacità di sentimenti, si getta
a collaborare rimanendo in
quella strana famiglia. Ne verrà
scottata, perché il povero
regredito nasconde tragicamente
l’impulso del sesso rimastogli
all’età adulta, e per poco non
ne scaturirà una tragedia.
Ultimo
colpo
di scena, fra i due fratelli
rimasti soli sarà un
ribaltamento a determinare le
azioni future. Il sano
pretenderà che sia l’altro a
travestirsi dalla sua fidanzata
fuggita, e quello rimasto
fanciullo volentieri si adeguerà
al nuovo gioco.
Gli
interpreti
hanno fortemente voluto che
Vittorio Franceschi allestisse
questa nuova edizione, dopo che
l’autore l’aveva portata al
debutto insieme ad Alessandro
Haber e a Monica Scattini.
Bravissimi tutti, in ruoli
difficili da tenere in bilico
fra invenzione e realtà:
PaoloTriestino carica di ritmi
insospettabili il suo bambinone
rendendolo patetico, tenero e
anche temibile; Nicola Pistoia
reggendo con equilibrio il suo
personaggio difficile nel
mantenerlo credibile e
nell”affidarlo alla fantasia;
Elisabetta De Vito via via
ampliando una iniziale durezza
nel cedere alla tenerezza per
poi ritrarsene in una
inevitabile scottatura.
Franceschi ha lavorato sul suo
testo superando le difficoltà di
una autorappresentazione e ci è
riuscito alla grande.
Applausi
irrefrenabili
e anche commozione oltre che
divertimento, il che succede di
rado.
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