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Matteo
Soltanto,
scenografia per:
GRAND
GUIGNOL ALL'ITALIANA
di Vittorio
Franceschi
con
Lunetta Savino,
Umberto Bortolani,
Carmen Giardina,
Sebastian Gimelli
Morosini, Andrea Lupo
Regia - Alessandro
D'Alatri
Scene - Matteo
Soltanto
Costumi - Giuseppina
Maurizi
Musiche - Riccardo
Eberspacher
Luci -
Pietro Sperduti
Aiuto regista -
Lorenzo D'Amico
Illustrazioni
- Marta Ciambotti
e con la voce
di Paolo Bonolis
Direttore di
scena - Fausto
Antonetti
Capo
macchinista - Lucio
Pelliccione
Fonico -
Alessandro Sevi
Capo
elettricista - Giulio
Izzi
Sarta -
Viviana Vieli
Amministratrice
di compagnia - Anna
Achille
Realizzazione
scena - L'Aquila
Scena
Trattamento
pittorico - Matteo
Soltanto,
Francesca Tunno,
Lucia Paolucci,
Edoardo Gaudieri,
Krizia Barlafante,
Annalisa Sciullo,
Martina Olivari
Tessuti
scenografici -
Mediapont s.r.l.
Produzione -
Teatro Stabile d'Abruzzo
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Matteo
Soltanto,
set design for:
GRAND
GUIGNOL ITALIAN WAY
by Vittorio
Franceschi
with
Lunetta Savino,
Umberto Bortolani,
Carmen Giardina,
Sebastian Gimelli
Morosini, Andrea Lupo
Direction - Alessandro
D'Alatri
Set design - Matteo
Soltanto
Costumes - Giuseppina
Maurizi
Music - Riccardo
Eberspacher
Light design -
Pietro Sperduti
Assistant
director - Lorenzo D'Amico
Illustrations
- Marta Ciambotti
and the voice
of Paolo Bonolis
Stage director
- Fausto Antonetti
Stage assistant
- Lucio Pelliccione
Sound -
Alessandro Sevi
Electrician
- Giulio Izzi
Tailor -
Viviana Vieli
Administration
- Anna Achille
Set
construction - L'Aquila
Scena
Pictorial
realization - Matteo
Soltanto,
Francesca Tunno,
Lucia Paolucci,
Edoardo Gaudieri,
Krizia Barlafante,
Annalisa Sciullo,
Martina Olivari
Set tapestries -
Mediapont s.r.l.
Production -
Teatro Stabile d'Abruzzo
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STAGIONE 2015 / 2016
PRIMA NAZIONALE
L'AQUILA, TEATRO
RIDOTTO, 12 / 13 novembre
2015
ROMA, TEATRO
ELISEO, 17 / 29 novembre
2015
MELDOLA (Fc), 9
dicembre 2015
FOLLONICA (Gr), 11
dicembre 2015
AVEZZANO (Aq), 14
dicembre 2015
RIMINI , 8 gennaio
2016
CERVIA (Ra), 9 e
10 gennaio 2016
PESCARA, 11 e 12
gennaio 2016
TERAMO, 14 e 15
gennaio 2016
MODICA (Rg), 25
gennaio 2016
CAPO D'ORLANDO
(Me), 26 gennaio 2016
ENNA, 27 gennaio
2016
BARCELLONA P.D.G.
(Me), 28 gennaio 2016
NOTO (Sr), 29
gennaio 2016
AGRIGENTO, 30 e 31
gennaio 2016
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SEASON 2015 / 2016
NATIONAL
PREMIERE
L'AQUILA, TEATRO
RIDOTTO, November 12 / 13,
2015
ROME, TEATRO
ELISEO, November 17 to 29,
2015
MELDOLA (Fc),
December 9, 2015
FOLLONICA (Gr),
December 11, 2015
AVEZZANO (Aq),
December 15, 2015
RIMINI, January 8,
2016
CERVIA (Ra),
January 9, 10, 2016
PESCARA, January
11, 12, 2016
TERAMO, January
14, 15, 2016
MODICA (Rg),
January 25, 2016
CAPO D'ORLANDO
(Me), January 26, 2016
ENNA, January 27,
2016
BARCELLONA P.D.G.
(Me), January 28, 2016
NOTO (Sr), January
29, 2016
AGRIGENTO, January
30, 31, 2016
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L'AUTORE
Il "Grand
Guignol", nato in Francia
alla fine dell'800, si
caratterizza come teatro a
tinte forti, anzi
fortissime, farsesco e
macabro, dove scorrono in
abbondanza - insieme al
sangue e in barba al "bon
ton" - grossolanità,
violenza, cinismo, storie da
cronaca nera con
squartamenti e lacrime,
truci vendette, eros e
bordello, in uno srotolarsi
dinamico di intrecci da
drammone popolare, senza
lieto fine. Tutto ciò con
effetti, a volte, di
involontaria e grottesca
comicità. L'aggettivo
"granguignolesco" che tutti
conosciamo e adoperiamo,
affonda le proprie radici in
quella paccottiglia lì. In
un giorno di fine estate
dell'anno 2000, mentre
cavalcavo verso Damasco, mi
si accese una lampadina,
come nei fumetti. E di colpo
questo genere di teatro, a
lungo snobbato e irriso, mi
apparve nella sua essenza
profetica, cioè ideale per
raccontare il nostro Paese,
le cui vicende e il cui
tasso di cultura e di valori
etici già allora, e da
tempo, stavano procedendo
con orgogliosa sicurezza
verso lo zero di oggi. Scesi
dal mio ronzino e mi misi
all'opera. Quindici anni
dopo, cioè oggi,
probabilmente avrei scritto
una tragedia. Ma allora ero
meno ambizioso.
Naturalmente, poiché
italiani si nasce (in un
primo momento questo testo
avevo pensato di intitolarlo
proprio così), lavorandoci
su mi spostai un pochino
verso sponde più nostrane,
come la farsa e la
sceneggiata, risciacquando
rispettosamente i panni
nella mentalità piccolo
borghese che da sempre ci
caratterizza e fa di noi un
modello nel mondo, artisti,
stilisti e ferraristi a
parte. Qualche patriota
verace protesterà dicendo
che ho dimenticato la pizza.
E' vero, me ne scuso e
riparo subito. Artisti,
stilisti, ferraristi e
pizzaioli a parte. La
satira, come sappiamo, si
pone l'obbiettivo morale di
mettere a nudo le storture
del mondo, ma, "en passant",
anche di divertire. Gli eroi
del mio Grand Guignol sono
una innocente colf depressa,
un salumiere di successo,
una guida turistica
ignorante con una moglie
fedigrafa e isterica e un
postino sensibilmente gay.
La storia non è importante:
corna, liti, strafalcioni,
soldi... come nelle migliori
famiglie, con immancabile
"coup de théâtre" finale.
C'è anche un cane, che
abbaia spesso però non entra
mai in scena e quindi
sarebbe elegante, pur nel
clima consenziente della
pièce, evitare battute
facili. Come dicevo, l'ho
scritto quindici anni fa. Da
allora ha dormito
tranquillamente nel mio
cassetto strapieno, finché
Alessandro D'Alatri non l'ha
tirato fuori per fargli
prendere una boccata d'aria.
Ma non ho cambiato una sola
virgola. Ahimè, non ce n'era
bisogno. E questo non depone
a favore della nostra
Patria, dove possono passare
tre lustri pieni zeppi di
scandali d'ogni genere,
ruberie e malefatte
colossali, oserei dire
granguignolesche, senza che,
per l'appunto, cambi una
sola virgola.
Vittorio
Franceschi
IL REGISTA
Tra i miei
passatempi preferiti c'è
quello di frugare nei
cassetti strapieni di
Vittorio Franceschi.
Riesce ogni volta a
sorprendermi per la
quantità e la qualità di
progetti che ivi
sonnecchiano. Ma la
sorpresa più grande è che
molti di loro sono ancora
inediti o lo sono
solamente per l'Italia. E'
così che qualche tempo fa
mi ritrovai tra le mani
"Grand Guignol
all'italiana". Un
gioiello. Chi conosce la
drammaturgia di Franceschi
sa bene quanto l'ironia
sia un elemento costante
del suo sguardo sulla
vita. In questo caso direi
che si è divertito a
trasformarla in satira e
la fa aleggiare nei due
atti come un'aria entrata
da uno spiffero che
lentamente si trasforma in
un vortice finale. Già
dalla sua prima lettura il
testo non lascia alcun
dubbio alle
interpretazioni: i
personaggi, i loro
comportamenti e linguaggi,
il mondo che rappresentano
e che portano sulla scena
sono talmente chiari e
divertenti che ci si
ritrova, pagina dopo
pagina con il sorriso
stampato sul volto. Ma al
tempo stesso, proprio come
in un Grand Guignol, il
testo è una feroce
condanna dell'egoismo e
del perbenismo. Vittorio
direi che ha preso in
prestito il Grand Guignol
e lo ha rivestito con i
sapori della tradizione
teatrale italiana. Dalla
commedia dell'arte in
poi.
Alessandro
D'Alatri
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Grossolanità,
cinismo,
squartamenti e
lacrime da cronaca
nera, eros e
bordello a infarcire
un drammone popolare
senza lieto fine.
Nella Francia di
fine ‘800, il “Grand
Guignol” era tutto
questo; un miscuglio
non molto amalgamato
di tinte fortissime,
farsesche, macabre e
cianfrusaglie.
Talmente paradossale
da essere, a volte,
involontariamente
comico. L'ideale per
raccontare l’Italia
tendente allo zero
di oggi.
Alessandro
D’Alatri, che
riscopre questo
attualissimo testo
scritto e poi
segregato in un
cassetto da Vittorio
Franceschi quindici
anni fa, porta sul
palco un’innocente
colf depressa, un
salumiere di
successo, una guida
turistica ignorante
con una moglie
fedifraga e
isterica, un postino
sensibilmente gay.
La storia non è
importante: corna,
liti, strafalcioni,
soldi... come nelle
migliori famiglie,
con immancabile coup
de théâtre finale.
C’è anche un cane,
che abbaia spesso
però non entra mai
in scena. |
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Coarseness,
cynicism, massacres
and crime news,
eroticism and chaos
to cram a popular
drama without a
happy ending. The
Grand Guignol in
France at the turn
of the 19th century
was all of this. A
badly blended
mixture of deep
shades, the farcical
and the macabre with
a lot of junk. So as
to be paradoxical,
it is sometimes,
unintentionally
comic. An ideal way
to speak of Italy
and the tendency
towards its
annulment that there
is today. Alessandro
D’Alatri, by
rediscovering this
topical text, which
was written by
Vittorio Franceschi
fifteen years ago
and then put aside
in a drawer, brings
to the stage a
depressed
cleaning-lady, a
successful
grocer, an ignorant
tour guide with an
unfaithful and
hysterical wife and
a significantly gay
postman. The story
is not important:
infidelities,
quarrels, blunders,
money… like all
families and the
inevitable coup de
théâtre in the
finale. There is
even a dog, who
often barks but
never comes on
stage. |
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Grand Guignol all'italiana
- scenografia Matteo Soltanto, costumi
Giuseppina
Maurizi, luci Pietro Sperduti
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Grand
Guignol all'italiana - Scena, Matteo
Soltanto - Luci, Pietro Sperduti (ph.
Matteo Soltanto) |
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Grand
Guignol all'italiana - Lunetta Savino (ph.
Matteo Soltanto) |
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Grand
Guignol all'italiana - Scena, Matteo
Soltanto - Luci, Pietro Sperduti (ph.
Matteo Soltanto) |
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Grand
Guignol all'italiana - Scena, Matteo
Soltanto - Luci, Pietro Sperduti (ph.
Matteo Soltanto) |
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Grand
Guignol
all'italiana - Dettaglio della
scena (ph.
Matteo
Soltanto) |
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Grand
Guignol
all'italiana - Scena, Matteo
Soltanto - Luci, Pietro Sperduti
(ph.
Matteo
Soltanto) |
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Grand
Guignol
all'italiana - Scena, Matteo
Soltanto - Luci, Pietro Sperduti
(ph.
Matteo
Soltanto) |
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Grand
Guignol
all'italiana - Scena, Matteo
Soltanto - Luci, Pietro Sperduti
(ph.
Matteo
Soltanto) |
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Grand
Guignol
all'italiana - Scena, Matteo
Soltanto - Luci, Pietro Sperduti
(ph.
Matteo
Soltanto) |
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IL
DILUVIO UNIVERSALE, IN ITALIA, È
UN ''GRAND GUIGNOL'', di
Claudio Beghelli |
Ieri
sera (17/11/2015) al Teatro Eliseo
ha avuto luogo, con successo, la
Prima romana di GRAND GUIGNOL
ALL'ITALIANA di Vittorio
Franceschi.
Lo
diciamo subito: è un testo
singolare, che, in un continuo
crescendo grottesco, sorprende,
disorienta continuamente, e,
infine, spiazza e inquieta lo
spettatore. D'altronde, l'Autore
lo ha dichiarato a più riprese:
il fine del buon teatro, come
della buona poesia, è, appunto,
inquietare, o, come direbbe
Adorno: ''farci sentire
stranieri a casa nostra'',
chiamarci in causa,
responsabilizzarci, smascherare
la nostra falsa e cattiva
coscienza sociale, civica e
personale. Insomma: (come ha
affermato Franceschi stesso in
una intervista radiofonica
risalente a un anno fa,
riecheggiando il miglior Cioran)
si deve avere il coraggio di
collocare nell'anima del
pubblico degli ordigni che
provochino ''ferite benefiche''
e lo inducano a spostare a
stacco la propria angolazione
visiva sulla vita quotidiana,
l'interiorità, i sentimenti.
Questo è esattamente l'effetto
che provoca ''Grand Guignol
all'italiana'', che - a dispetto
del titolo, e provocatoriamente
- è uno dei testi più raffinati
e colti della drammaturgia
contemporanea, un unicum, sia
nel contesto più ampio della
produzione italiana, sia nel
quadro generale della produzione
dell'Autore.
Il
sipario si apre su quella che
sembra essere - ma è un'astuzia
del poeta - una farsa borghese
nemmeno tanto sofisticata. Non
c'è plot, né alcuno
psicologismo, o sottotesto
allegorico: solo i personaggi e
le loro parole, sparate in una
sequenza senza pause,
sospensioni chiuse o momenti
riflessivi - tranne che nello
struggente finale (ma non posso
svelarvi tutto). C'è Esterina,
colf zitella e continuamente
"magonata" (una Lunetta Savino
sfavillante e perfettamente in
parte); il padrone di casa, un
Umberto Bortolani in grande
spolvero, eccellente nel
caratterizzare un piccolo
borghese, cornificato dalla
moglie Stella (Carmen Giardina),
che si dà arie da gran dama, ma
ha il cervello e il cuore di una
portinaia linguacciuta. Infine,
vi sono il delicato postino
omosessuale (Sebastian Gimelli
Morosini), con aspirazioni da
poeta (ma, purtroppo o per
fortuna, ''non basta amare la
pioggia ed essere sensibili e
gay per essere artisti''); e poi
il rude salumiere Sisto (un
efficacissimo e spassoso Andrea
Lupo) che fa "la cresta" al
resto dei clienti affezionati, e
se ne compiace, mentre
rozzamente corteggia Esterina,
imponendole baci che ''sanno di
frenata''; da ultimo, il
mostruoso cane Blob che abbaia,
ringhia e sbava, imprigionato
nel cortile.
Dopo
un
inizio frivolo e leggero, benché
brillante e arguto, la
situazione si capovolge, con il
pretesto della riscrittura
dell'Inno nazionale sull'aria di
''Va' pensiero''. Di qui in poi,
emergono i caratteri dei
personaggi: ''dei veri mostri
con il sorriso agghiacciante''
(scrive l'Autore in una bella
didascalia), e il clima
dell'azione muta completamente:
ci aspettavamo una farsa e ci
ritroviamo davanti a una
commedia potentemente amara,
tagliente, noir, esasperatamente
caricaturale e feroce che mette
alla berlina i vizi e le
pusillanimità del cosiddetto
italiano medio, perbenista,
benpensante, ottuso, ignavo,
impolitico, conformista, gretto
e compiaciuto del proprio
razzismo, ma che ci tiene tanto
a sentirsi sempre una brava
persona. In questa commedia dal
finale che (in senso
extramorale, beninteso)
inquisisce gli italiani, ''col
conto in banca, ma marci
dentro'', con il loro
clericalismo d'accatto, le loro
degenerazioni larvatamente
fasciste, populiste e
demagogiche, (contrariamente a
quanto accade negli altri testi
di Vittorio Franceschi) non c'è
remissione o redenzione, nessuno
si salva: neppure Esterina, che
sotto la maschera di Batman, può
essere se stessa, e si vendica
implacabilmente di tutte le
meschinità altrui e della
propria sfortuna e infelicità.
Per
concludere,
occorre complimentarsi con
Alessandro D'Alatri, qui alla
sua regia più coraggiosa (dopo
"Il sorriso di Daphne" dello
stesso Franceschi), ardua,
complessa, riuscita e
mirabilmente congegnata negli
equilibri scenici. Notevoli,
poi, le eleganti, rigorose,
essenziali scene di Matteo
Soltanto, realizzate, come
sempre, con molto gusto
architettonico e coloristico,
che ben si armonizzano con le
luci espressionistiche e non
didascaliche di Pietro Sperduti.
Una menzione speciale meritano i
costumi di Giuseppina Maurizi,
molto azzeccati e di ottima
fattura. Una produzione in
grande stile cui si aggiungono
le musiche carnevalesche e quasi
da giostra di Riccardo
Eberspacher, che creano un
sempre maggiore e pervasivo
turbamento, man mano che il
testo raggiunge un suo climax
tragico. Il teatro non è un
digestivo, scriveva Brecht.
Questa pièce così spregiudicata
e audace e ironicamente
esplosiva ce lo ricorda bene.
Solo se sappiamo riconoscere nei
personaggi noi stessi e le
nostre brutture, senza crearci
alibi o giustificazioni di
sorta, possiamo ridere e
applaudire questo testo, che non
fa sconti all'Italia degli
ultimi 20 e forse 40 anni.
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Grand
Guignol
all'italiana - Scena, Matteo
Soltanto - Luci, Pietro Sperduti
(ph.
Matteo
Soltanto) |
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Grand
Guignol
all'italiana - Scena, Matteo
Soltanto - Luci, Pietro Sperduti
(ph.
Matteo
Soltanto) |
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Grand
Guignol
all'italiana - Scena, Matteo
Soltanto - Luci, Pietro Sperduti
(ph.
Paolo
Porto) |
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Grand
Guignol
all'italiana - Umberto
Bortolani, Carmen Giardina (ph.
Matteo
Soltanto) |
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Grand
Guignol all'italiana - Lunetta Savino (ph.
Matteo Soltanto) |
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Grand
Guignol
all'italiana - Andrea Lupo (ph.
Matteo
Soltanto) |
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Grand
Guignol
all'italiana - Umberto Bortolani
(ph.
Matteo
Soltanto) |
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Grand
Guignol all'italiana - Sebastian Gimelli
Morosini, Umberto Bortolani, Andrea Lupo (ph.
Matteo Soltanto) |
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Grand
Guignol all'italiana - Sebastian Gimelli
Morosini, Carmen Giardina, Lunetta Savino,
Andrea Lupo, Umberto Bortolani (ph.
Matteo Soltanto) |
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