.
..
Matteo
Soltanto,
scenografia
per:
CHINA
DOLL
di David Mamet
traduzione e
adattamento
Luca Barbareschi
con
Eros Pagni
e Roberto
Caccioppoli
Regia - Alessandro
D'Alatri
Scene - Matteo
Soltanto
Costumi - Anna
Coluccia
Luci -
Umile Vainieri
Musiche
originali - Riccardo
Eberspacher
La canzone "My mama said
I'm weak"
è scritta e
interpretata da
Angelica
Barbareschi
Foto di scena
- Bepi Caroli
Aiuto regia
- Lorenzo D'Amico
Direttore di
scena - Fausto
Antonetti
Capo
macchinista - Lucio
Pelliccione
Fonico -
Gianluca Del Biondo
Capo
elettricista - Giulio
Izzi
Sarta -
Viviana Vieli
Amministratrice
di compagnia - Anna
Achille
Realizzazione
scena - L'Aquila
Scena
Trattamento
pittorico - Matteo
Soltanto,
Francesca Tunno,
Krizia Barlafante,
Erika
Franceschini, Lucia
Paolucci.
Modellino
d'aereo - Paolo
Pappafava (La Tecnica s.r.l.)
Tessuti
scenografici -
Mediapont s.r.l.
Produzione
Teatro Stabile
d'Abruzzo
Teatro Eliseo,
Roma
|
Matteo
Soltanto,
set
design
for:
CHINA
DOLL
by David Mamet
translation and
adaptation
Luca Barbareschi
with
Eros Pagni
and Roberto
Caccioppoli
Direction - Alessandro
D'Alatri
Set design - Matteo
Soltanto
Costumes - Anna
Coluccia
Light design -
Umile Vainieri
Original music
- Riccardo Eberspacher
The song "My mama said I'm
weak"
is written and
performed by
Angelica
Barbareschi
Stage stills
- Bepi Caroli
Assistant
director - Lorenzo
D'Amico
Stage director
- Fausto Antonetti
Stage assistant
- Lucio Pelliccione
Sound -
Gianluca Del Biondo
Electrician
- Giulio Izzi
Tailor -
Viviana Vieli
Administration
- Anna Achille
Set
construction - L'Aquila
Scena
Pictorial
realization - Matteo
Soltanto,
Francesca Tunno,
Krizia Barlafante,
Erika
Franceschini, Lucia
Paolucci.
Airplane model
- Paolo Pappafava (La
Tecnica s.r.l.)
Set tapestries
- Mediapont s.r.l.
Production
Teatro Stabile
d'Abruzzo
Teatro Eliseo,
Rome
|
PRIMA NAZIONALE
Roma, Teatro Eliseo, 5
/ 24 aprile 2016
martedì, giovedì,
venerdì, sabato, ore 20
mercoledì e domenica ore
16 |
NATIONAL PREMIERE
Rome, Teatro Eliseo,
April 5th / 24th, 2016
tuesday, thursday,
friday, saturday at 8 pm
wednesday and sunday at
4 pm |
L'Aquila, Teatro
Ridotto
24/25 novembre 2016
|
L'Aquila, Teatro
Ridotto
November 24th/25th,
2016
|
|
|
|
|
|
|
CHINA DOLL
Mickey
Ross sta per uscire dal suo ufficio. È
uomo potente, arrogante e non più
giovanissimo, deciso a mettere
finalmente gli affari in secondo piano
per dedicarsi alla bella vita. Ha
acquistato un aeroplano, regalo di
matrimonio per la sua giovane
fidanzata, e istruisce freneticamente
il suo giovane assistente Carson su
come portare avanti il lavoro. Quando
è sull’uscio, decide di prendere
un’ultima telefonata…
China
Doll è una commedia a due (a tre,
considerando anche il telefono) in cui
l’estro celebrato nel mondo di David
Mamet porta all’estremo la vocazione
maschile alla menzogna; la sola arma
di cui Mr. Ross è capace per
difendersi dal capovolgimento degli
eventi.
|
|
|
CHINA DOLL -
Primo tempo |
|
|
China Doll
- Eros Pagni (ph. Bepi Caroli) |
|
|
China
Doll - Eros Pagni, Roberto
Caccioppoli (ph.
Matteo Soltanto) |
|
|
China
Doll - Roberto Caccioppoli, Eros
Pagni (ph.
Matteo Soltanto) |
|
|
China
Doll - Eros Pagni, Roberto
Caccioppoli (ph.
Matteo Soltanto) |
|
|
|
|
China
Doll - Eros Pagni, Roberto
Caccioppoli (ph.
Matteo
Soltanto) |
|
_
|
|
China
Doll - Eros Pagni, Roberto
Caccioppoli (ph.
Matteo
Soltanto) |
_
|
|
_
|
|
China
Doll - Eros Pagni, Roberto
Caccioppoli (ph.
Matteo
Soltanto) |
|
_
|
|
China
Doll - Eros Pagni, Roberto
Caccioppoli (ph.
Matteo
Soltanto) |
|
|
CHINA DOLL
- La rinascita della grande narrazione
drammaturgica
Il Teatro
Eliseo omaggia un grande autore
contemporaneo come David Mamet, portando
in scena China Doll / Sotto scacco, per
la mirabile regia di Alessandro D’Alatri
e l’indimenticabile interpretazione di
Eros Pagni.
|
In scena fino al 24 aprile (2016),
la prima opera che intende sdoganare l’opera
di Mamet
per farla conoscere al grande pubblico è
China Doll, testo recentissimo che arriva
direttamente da Broadway, sede della prima
assoluta che ha visto nel ruolo del
protagonista principale, il potente e
arcigno Mickey Ross, un Al Pacino in
stato di grazia. (…) Ross nell’opera di
Mamet è un uomo potente ma stanco del suo
potere, follemente innamorato della “bambola
cinese” del titolo, presenza assente per
tutta l’opera, che si incarna come un
fantasma nelle ripetute telefonate che
tempestano l’opera. All’Eliseo, Eros Pagni è
uno straordinario “sostituto” di Al Pacino:
anche lui, arrogante, irascibile, fastidioso
per la sua caparbietà ma al contempo
affascinante e capace di stabilire
un’empatia particolare e unica col pubblico.
China Doll è un kammerspiel che si svolge
tutto nell’arco di poche ore, rinchiuso in
un ricco ed elegante studio, tra quadri e
divani in pelle: la regia di Alessandro D’Alatri,
che ha incontrato Pagni nel corso della sua
fortunatissima carriera cinematografica, è
debitrice delle scene di Matteo Soltanto
e delle luci (senza fronzoli o eccessi, ma
potenti nella loro semplicità) di Umile Vaineri.
D’altronde, anche gli spostamenti dei due
personaggi da un angolo all’altro della
stanza, dalla scrivania al divano, il
continuo passaggio del cellulare dalle mani
di uno alle mani di un altro, sono
calibratissimi, rendendo ancora più dinamico
e vibrante un testo già di per sé molto
valido.
China
Doll è intriso dell’atmosfera noir tipica
dei film di Lumet, come confermano gli
stacchi musicali di Riccardo Eberspacher,
ma anche dello humour nero sagace e no
politically correct tipico di molta
produzione seriale televisiva degli ultimi
anni; i riferimenti all’ipocrisia del potere
politico e all’ambizione di chi decide di
lasciarsi alle spalle il potere per
dedicarsi al proprio amore, ma allo stesso
tempo l’evidente impossibilità di
raggiungere questo tanto agognato obiettivo,
fanno di China Doll un’opera nera segnata
dallo “scacco” e dalla claustrofobia, che
non pretende di esprimere grandi verità
sull’esistenza o sul senso della cultura
contemporanea. La bellezza di questo testo,
l’ottima resa registica e la memorabile
interpretazione di Pagni dimostrano però
come il grande teatro contemporaneo possa e
debba ripartire anche dalla scrittura.
Alessandro
Alfieri
(http://teatro.persinsala.it/china-doll-sotto-scacco/27771) |
|
_
|
|
China Doll
- Eros Pagni (ph. Bepi Caroli) |
|
|
China
Doll - Roberto Caccioppoli (ph.
Matteo Soltanto) |
|
|
China Doll
- Eros Pagni (ph. Bepi Caroli) |
|
|
CHINA DOLL
di Mamet - ovvero: la tranquilla,
inscalfibile arroganza del potere. |
Ieri sera
(9/4/2016), presso il Teatro Eliseo in
Roma, ho avuto l'inquietante piacere di
assistere ad uno dei più riusciti e
coinvolgenti spettacoli di Stagione
teatrale che ormai volge al termine.
Si tratta dell'ultima
tragedia di Mamet (rappresentata per la
prima volta in Italia ), la sua opera più
compiuta tra quelle da me frequentate
sinora: un testo complesso ed enigmatico,
lucido e tagliente come un diamante,esatto
e implacabile nella sua parabola
narrativa, come un'equazione o - per
meglio dire: - un crudele teorema; che può
essere considerato, tra l'altro, una
perfetta lezione di drammaturgia.
Il testo (la più ardua e
impeccabile regia di Alessandro D'Alatri, che quest'anno si è
messo in tasca un florilegio di sfide
artistiche assai rischiose, tutte vinte
con grande stile e a mani basse, ma senza
mai porsi troppo in vista) può
considerarsi una nitidissima
esplicitazione della Fenomenologia del
Potere (intendendo questa parola sia nella
sua accezione epica, quindi archetipica,
sia nel suo significato strettamente
contemporaneo - le, non troppo velate,
allusioni alla situazione politica
italiana, e non soltanto ad essa, non sono
affatto casuali).
L'opera, nel
suo essere estremamente godibile (si ride
amaro, ma, fino alla metà del secondo atto
non mancano occasioni di divertimento), è
assai sofisticata e stratificata: non è
facile parlarne, ma proverò, qui, non
tanto a farne la sinossi, cosa che già
molti gazzertieri hanno fatto, quanto a
compierne una pur breve analisi teorica e
concettuale. Mi rendo conto di quanto sia
ambizioso il mio intento; tuttavia,
l'ennesima recensione che sia non altro
che una sorta di Bignami della trama
sarebbe inutile e scontata.
Mi riferirò
alla storia solo quando necessario,
lasciando a chi legge la possibilità di
verificare quanto scriverò attraverso la
visione diretta dello spettacolo (anticipo
che il copione è talmente denso di
riflessioni e aforismi che bisognerebbe
vederlo almeno due volte).
È necessario cominciare
dal titolo: CHINA DOLL, infatti, nello
slang americano ha un significato che non
è precisamente traducibile nella nostra
lingua: letteralmente vorrebbe dire, come
chi conosce l'americano sa, qualcosa di
affine a Bambola Cinese (e così è stato
reso, argutamente, riferendolo alla
fidanzata del protagonista, dal traduttore
Barbareschi in accordo col regista:
per renderlo comprensibile al pubblico
italiano); ma, nella lingua corrente
americana, avere per le mani un China Doll
significa, più o meno, provocare - o esser
vittima di - un complotto, di un
pasticciaccio - per dirla con Gadda -; o
di un 'inguacchio', come saggiamente
suggerisce il regista.
Ebbene,
Ross, magnate della finanza a fine
carriera, che ha sempre flirtato con la
politica, affidandosi - per starne,
contemporaneamente, dentro e fuori - a
sfumature terminologiche e moralistiche
che sarebbero risibili se non fossero
grottesche, rischia di veder sgretolarsi
tutta la sua gloria di prepensionato
straricco nel momento in cui si innamora -
o almeno: così lui crede - e, perciò,
diventa l'anello debole - ricattabile - di
quella vischiosa catena di politici e
grandi elettori, ''corrotti trasparenti'',
da cui non ci si districa mai, che lui
stesso, negli anni, ha contributo a creare
e di cui è parte; insomma: egli si trova,
appunto, imprevedibilmente, vittima di un
esplosivo China Doll. In breve: la sua
parte politica lo vuole scaricare,
approfittando di un ''pretesto'' (parola
che torna, non a caso, ripetutamente nella
pièce). - Non dirò di quale pretesto - o
sequenza di pretesti - si tratti, per non
rovinarvi la suspense. Sta di fatto che
lui, a parere di tutti i suoi ex amici -
avvocato, collaboratori, e persino il
candidato governatore a cui ha dato i
soldi per la campagna elettorale, detto
anche: ''Il Bamboccietto'' - deve
diventare l' ''agnello sacrificale'',
mediante il quale il Bamboccio, che Ross
ha sempre sostenuto, intende rifarsi una
verginità, ripulirsi delle malefatte del
padre, di cui Ross era socio e amico, e
così vincere le elezioni governative.
D'altronde,
lo sappiamo, è così - ce lo ha insegnato
Machiavelli, tra gli altri: il potere,
ogni tanto, ha bisogno di tagliare uno dei
propri arti se vuole rigenerarsi e
perpetuare se stesso (o, volendola dire
con Pasolini: esso ha bisogno dei suoi
oppositori per far piazza pulita del suo
passato, cioè, in altri termini: ha
necessità di ''contraddirsi per
continuare'').
Ma Ross, tutto questo, lo sa fin
troppo bene; non ci sta ad assoggettarsi,
a piegarsi a fare il capro espiatorio. Lui
non è l'ultimo della filiera, lui è il
monarca (Lear o Macbeth), l'intoccabile,
l'invulnerabile, non accetta condizioni,
lui le detta: è uno che vede - sa - ciò
che il Bamboccio e suo padre non sanno: il
potere produce effetti che trascendono le
volontà particolari che lo innescano e
bisogna essere cinici, scaltri e
imperturbabili come Ross per controllare e
condurre tali imponderabili conseguenze;
lui sa che tutti non sono altro che
''bottiglie piene d'acqua'' che cercano
protezione, cioè denaro, hanno un prezzo e
cederanno alla migliore offerta. Non
esiste altro al mondo: solo i soldi sono
veri. E la politica? Bah: si tratta di
''intonare canti selvaggi, per indurre
negli elettori quella specie di
incoscienza altrimenti detta coscienza
politica''. ('' Gli uomini sono tutti
fondamentalmente, buoni - afferma - tranne
quelli che lavorano per vivere e quelli
che hanno accumulato un po' di soldi'').
Per lui anche gli affetti sono una
questione di compravendita: Ross non vuole
il bene della giovane e bella fidanzata,
piuttosto, la considera come un bene di
sua proprietà (''Ti ho trovato in una
pozzanghera, diciamo così, di
cioccolato... Stai attenta: ti rimando tra
gli zingari - le dice, all'incirca).
Dunque, uno
che pensa e agisce così, cosa farà mai?
Fingerá di essere alle corde, inscenerà il
proprio stesso arrocco, per poi
capovolgere la situazione con un' ultima,
astuta quanto subdola, mossa, e, prima di
sparire, ma non prima di averli avvertiti,
ribalterà le cose, facendo risultare
colpevoli quegli stessi uomini che
volevano metterlo alla gogna. Con quale
strategia ci riesce? Non ve lo dico.
Correte a teatro!
Qui basti sapere che Ross
(un Eros
Pagni
marmoreo, che giganteggia e sfavilla in
scena, dentro a un ruolo che gli calza
come un guanto anche per la sua mirabile
capacità di modulazione vocale - fonde
l'armonia e la disarmonia come un
impareggiabile jazzista -, nonché di
controllare le posture plastiche; e
magistrale, infine, nel rendere vere - non
naturalistiche!- le telefonate) non è
ingenuo come il suo galoppino - un
misuratissimo Roberto Cacioppoli -, il quale, per un
attimo, prende coraggio e sembra deciso a
fargli le scarpe, senza però sporcarsi le
sue. Ross sa che è necessario sporcarsi
per conquistare e mantenere il controllo
sulle cose e le persone, e che quelle
macchie non le lavi più: non si entra nel
male rimanendo buoni, ed è altrettanto
impossibile e stupido pensare di poter
frequentare il male illudendosi poi di
continuare ad avere segreti per esso.
(''Sai cosa è la politica Carson?
Scalpitare nella merda depredando i soldi
degli altri.'').
Alcune
osservazioni sulla sapiente,
meticolosissima e arguta regia di
D'Alatri.
Innanzitutto,
le
posizioni dei personaggi.
Ross è quasi
sempre seduto - ma la sua non è staticità:
sappiamo infatti da Canetti che lo star
seduto è la posizione tipica del sovrano:
lo star seduti presuppone - vale a dire:
implica - la possibilità di alzarsi e
impartire un comando o una minaccia. Cosa
che Ross fa continuamente. E quando lo fa,
appare chiaro che i movimenti dei due sono
la raffigurazione spaziale dell'evolversi
del loro rapporto psicologico: sono mosse
estremamente significanti, anche se a
volte impercettibili, come quelle di pezzi
su una scacchiera.
A pensarci
bene, tutti i personaggi, anche quelli
evocati attraverso i dialoghi telefonici,
non sono che equivalenti di figure degli
scacchi - a voi decidere chi è l'Alfiere ,
il Cavallo, la Torre e poi i molti pedoni.
Vi svelo solo una cosa: è chiaro: il Re è
Ross, e non verrà detronizzato, perché,
possiede una prerogativa che gli altri non
hanno: può uccidere impunemente e lo fa
con la stessa calma e ieraticità,
lentezza, con cui si versa un drink.
L'atteggiamento di chi sa di aver già
vinto, comunque vadano le cose.
Ultime annotazioni.
Bellissima ed evocativa la scenografia di
Matteo
Soltanto,
che coglie con pochi tocchi il clima
emotivo del testo: materica ed impalpabile
al tempo stesso, minimalista ed opprimente
- il tetto triangolare sembra schiacciare,
incarcerare i personaggi. Ed infine:
meravigliosamente gotica nei quadri
incombenti e macabri, che fungono da
pareti.
Una menzione speciale
anche per le luci opportunamente
antinaturalistiche di Umile Vanieri.
Da ultimo: il Jazz caldo
di Riccardo
Eberspacher, oltre a introdurci in
una metropoli caotica e cattiva, ben
sottolinea ed amplifica la malafede,
l'opportunismo scoperto di tutti i
personaggi, nessuno escluso.
Claudio
Beghelli
|
|
|
CHINA DOLL -
Secondo tempo |
|
China
Doll - Eros Pagni, Roberto
Caccioppoli (ph.
Matteo
Soltanto) |
|
_
|
|
China
Doll - Eros Pagni, Roberto
Caccioppoli (ph.
Matteo
Soltanto) |
|
_
|
China
Doll - Eros Pagni, Roberto
Caccioppoli (ph.
Matteo
Soltanto) |
|
_
|
|
China
Doll - Eros Pagni, Roberto
Caccioppoli (ph.
Matteo
Soltanto) |
|
|
China
Doll - Eros Pagni (ph.
Matteo
Soltanto) |
_
|
|
China
Doll - Eros Pagni, Roberto
Caccioppoli (ph.
Matteo
Soltanto) |
_
|
|
China
Doll - scena Matteo
Soltanto, luci Umile Vainieri (ph.
Matteo
Soltanto) |
_
|
|
Roberto
Caccioppoli,
Eros Pagni, Alessandro D'Alatri,
Matteo Soltanto, Riccardo
Eberspacher (ph.
Federica D'Alatri) |
|
|
|
|